Forum terra cruda #1: Stian Ekkernes Rossi (Snøhetta)

Guido: dove ti trovi?
Stian Alessandro: poco fuori Oslo, qui in tutto dicembre sono state registrate sette ore di Sole...
Guido: è come stare sempre in casa...
Stian Alessandro: assomiglia a questo strano periodo, che ci spinge ancor di più a partire dalle piccole cose. Spesso le grandi visioni non riescono a dare seguito a messaggi diretti ed efficaci, che abbiano a che fare con l'architettura e la società: le ambizioni e i sogni si perdono per strada nel corso di ciascun progetto. Con Matteo stiamo proprio ragionando sull'idea di un concept condiviso che parta da piccole cose.
Matteo: faccio una premessa su come Alessandro e io ci siamo conosciuti. Ho un'amica di Luzzara, Stefania, che lavora nel marketing per il settore delle ceramiche. Ci incontriamo ogni tanto alle fiere, o quando prendiamo i bambini a scuola. Una volta, a Milano per un evento, incontra Alessandro, con cui inizia a parlare di argilla; gli mostra la mia pagina Instagram e lui fa: “Figo! Grande! Me lo presenti?”. Lei mi chiama subito (ero in macchina, in pieno inverno) e da lì nasce in diretta una conversazione a 360 gradi sul tema. Dopo qualche mese Alessandro mi manda il link di un video, che si chiama Clay, che mi fa cascare dalla seggiola, letteralmente: avrei davvero voluto farlo io.

Stian Alessandro: era una presentazione al Corriere della Sera, a Milano. Il Video “Clay” è il primo output della nuova ricerca che sto seguendo. Sono un architetto, ma a Snøhetta ho creato, dal 2016, un ruolo più legato ai materiali, che sono la base di ogni progetto. Ho fatto inizialmente delle ricerche sulla plastica; era prima che la questione dell'inquinamento da plastica esplodesse sui media di tutto il mondo. Ne scaturì il progetto di una sedia per la Nordica Comfort Products (NCP), storico marchio del design norvegese, che produce arredi in plastica. Ho proposto di cambiare le regole del gioco, e di rieditare la sedia R-48, un classico disegnato alla fine degli anni Sessanta da Bendt Winge, utilizzando solo materiale plastico riciclato.
In Norvegia ci sono tantissime fish farm, soprattutto per la pesca al salmone, e così la scelta è caduta sulla plastica proveniente dagli allevamenti ittici locali, come reti da pesca, corde e tubi. Invece che spedirli ai termovalorizzatori, gli attrezzi usurati vengono macinati in un granulato che può essere iniettato negli stampi per le sedie, ma che potenzialmente si presta infinite possibilità. Oggi si fa un gran parlare di circolar economy, ma spesso si finisce per parlare di nulla. Questo caso è invece un esempio diretto: un caso da cui può essere costruita una narrazione molto più ampia.

Guido: per cui è la narrazione a spingere ad andare oltre, magari anche oltre la forma.
Stian Alessandro: molti pensano solo alla forma: per me non è abbastanza. Non occorreva una nuova forma di sedia, ma una storia che trasmettesse come procedere oltre, come generare valore partendo da qualcosa con nessun valore.
Matteo: esattamente come con l'argilla...
Stian Alessandro: se si pensa alla Norvegia si pensa al legno. Ma all'interno dei muri di legno, nell'architettura tradizionale norvegese, c'è tantissima argilla, anche se non si vede. In realtà è un materiale da costruzione estremamente versatile, dotato di qualità strutturali, acustiche, termiche ed estetiche del tutto rilevanti. La ricerca di Snøhetta punta a sviluppare nuovi modi di progettare, pensare e costruire con l'uso e il riuso dell'argilla locale attraverso una lavorazione a basso consumo energetico e l'adozione di cicli di consumo cradle to cradle. Ci chiediamo, per esempio, se sia possibile realizzare prodotti in argilla che non abbiano bisogno di essere bruciati; o come sia possibile restituire al suolo l'argilla senza impatto, una volta che la vita di un edificio sia finita.

Guido: mi viene in mente una cosa che ha detto Roberta Busato, parlando del suo lavoro con la terra cruda: “l'arte è una cosa sporca”. Mi sembra vicino a quello che ci stai mostrando tu: una cosa bella che si poteva realizzare solo partendo da una cosa sporca...
Matteo: o anche De André, “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior...”.
Stian Alessandro: esatto, è la stessa narrazione. Ora stiamo anche lavorando a un progetto sul vetro contenuto nei prodotti elettronici. Diversamente da quanto si tenda a pensare, il vetro non è composto solo di sabbia, materiale di cui il mondo è pieno, ma è in realtà un materiale specifico e in esaurimento. Il mondo dell'e-waste è enorme, con prodotti a basso costo e bassissima durata, ma, a differenza dei metalli, il vetro spesso non viene riutilizzato. Eppure si tratta nella maggior parte dei casi di vetro temperato, che se frantumato genera frammenti tutti uguali, più facili da sciogliere e rilavorare, senza complesse operazioni di triturazione. Dopo alcuni test specifici, realizzati in Belgio, abbiamo deciso di realizzare con il vetro recuperato una serie di piastrelle. Sono risultate tutte diverse tra loro, di varie tonalità e in parte trasparenti, in parte opache.
Matteo: sono molto belle, mi ricordano le lastre di alabastro delle finestre del Mausoleo bizantino di Galla Placidia a Ravenna. Cosa ne pensi di quelle multinazionali che, improvvisamente, si mostrano sensibili ai destini del Pianeta? Tutto questo green washing... solo perché magari realizzano i paraurti in plastica riciclata...
Stian Alessandro: spesso alla Norvegia viene riconosciuta la grande sensibilità all'ambiente. Ma non bisogna dimenticare che si tratta di una sensibilità figlia di un benessere legato ad anni di estrazione del petrolio, e dunque anche di produzione della plastica. Più che disperdere energie in una rabbia non indirizzata, credo che si debbano indirizzare verso nuovi progetti, anche con le industrie che fanno un facile green washing. Sono più interessato a vedere cosa si può fare di volta in volta. Recentemente, per esempio, ho contattato un'azienda thailandese, la più grande al mondo nel settore delle uova, per avviare un ragionamento sul riuso dell'enorme quantità di gusci che attualmente non vengono riutilizzati in alcun modo. Non sono esperto né di uova, né di gusci, ma penso occorra mantenere sempre la curiosità, la voglia di chiedersi cosa si possa fare. Può essere argilla, vetro, funghi, pesce... tutto fa parte di quello che abbiamo a disposizione sulla terra. In questo senso, non esiste lo scarto, e tutto è materiale. Se c'è scarto c'è un'opportunità, dobbiamo solo riconoscerne il potenziale e cambiarne la percezione di valore.
Guido: entrambi operate nel CMF design: quell'area progettuale del disegno industriale, nata negli a anni Ottanta, che lavora sull'identità cromatica, tattile e decorativa dei prodotti e degli ambienti. Un contesto nel quale inizialmente operavano solo i designer, in maniera metaprogettuale. Mi sembra interessante come quella sensibilità si sia via via spostata anche nel cuore del progetto architettonico e urbano, e nella visione globale.
Matteo: qualche mese fa, una sera tornando a casa da una giornata di lavoro a Milano, mio figlio Cesare, che ha 11 anni, mi dice: “Papà, sai che fra sette anni il mondo esploderà?”. “Speriamo di no Cesare...”. “Vabbè, forse non fra sette, ma comunque esplode. Ed è colpa di voi adulti che l'avete rovinato e non state facendo niente per risolvere il problema”. Ci sono rimasto malissimo, ma poi ho pensato che l'importante era provarci, a risolvere il problema: avremmo potuto avere successo o meno, ma era necessario migliorare, stabilire un'attitudine alla curiosità, alla ricerca.
Guido: Alessandro, chissà cosa potrà dirti tuo figlio adesso appena nato, fra una dozzina d'anni.“Papà, lo sai che il mondo è esploso, ma l'abbiamo riciclato molto bene?”.
Stian Alessandro: speriamo possa dirmi cose belle... . A volte basta un piccolo esempio da dare al mondo; un inizio, perché tutti possano immaginare dove andare.
Matteo: bellissimo...
